L’insulino-resistenza rappresenta un importante fattore di rischio per il diabete di tipo 2 ma non solo. Il Prof. Paolo Montera, specialista in Endocrinologia, ci spiega che cos’è e quali sono i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione.
Prof. Montera che cos’è l’insulino-resistenza?
«L’insulino-resistenza è una condizione molto più frequente di quello che si pensi perché è del tutto asintomatica – almeno all’inizio – e consiste nella perdita di una delle capacità principali dell’insulina che è quella di favorire il trasporto del glucosio all’interno delle cellule. A questo punto l’organismo, il pancreas in particolare, nel tentativo di vincere questa “resistenza”, ne produce una maggiore quantità. È come se dovessimo aprire una porta molto pesante, ma da soli non ce la facciamo e allora ci facciamo aiutare da altre persone finchè la porta non si apre. Quindi l’aumento dell’insulina è un meccanismo di compenso, conseguente alla perdita della sua efficacia. Il problema è che l’insulina è un ormone anche molto “ingrassante” per cui più quantità di insulina vengono prodotte e più si tenderà a formare grasso, in particolar modo in sede addominale. Una delle prime spie dell’insulino-resistenza infatti è proprio un improvviso aumento del grasso in sede addominale. Questo grasso è viscerale, profondo, che si associa a un maggiore rischio cardiovascolare, quindi un grasso potenzialmente pericoloso tanto che un soggetto normopeso con grasso viscerale ha lo stesso rischio cardio-metabolico di un paziente in sovrappeso o obeso».
I segnali di problemi di insulino-resistenza e la diagnosi
Quali sono i segnali a cui dobbiamo prestare attenzione?
«Come abbiamo detto, l’insulina è un ormone ingrassante quindi il paziente nota una facilità nel prendere peso e una difficoltà a perderlo e spesso le persone osservano anche una sproporzione tra quello che mangiano e l’entità del loro peso corporeo. Inoltre ci possono essere dei sintomi a cui è bene prestare attenzione. Ciò accade perché questa grande quantità di insulina prodotta, determina anche una forte variabilità della glicemia, che può salire e scendere rapidamente; l’organismo avverte questa rapida discesa della glicemia spesso con una sensazione di forte fame, che può verificarsi anche poco tempo dopo aver concluso un pasto. Si cercano allora e si assumono cibi a base di farinacei e si tende così a perpetuare questo circuito. Queste oscillazioni glicemiche possono provocare anche altri sintomi come: sudorazione fredda, tachicardia e palpitazione, nervosismo, tremore delle mani».
Quali esami è bene fare per escludere o confermare questa diagnosi?
«Per fare la diagnosi di insulino-resistenza è bene eseguire il dosaggio della glicemia e dell’insulinemia a digiuno, sul cui rapporto si misura l’indice HOMA, che deve essere inferiore a 2,5 (sia nelle donne che negli uomini). Successivamente, per avere un’idea ancora più precisa, è bene eseguire la curva da carico orale di glucosio, possibilmente da portare fino a 3 o anche a 5 ore, per valutare non tanto l’aumento dell’insulina quanto l’andamento delle glicemie. Il compito fondamentale nel trattamento dell’insulino-resistenza quindi è quello di stabilizzare i valori glicemici, evitando le cosidette “montagne russe”».
Come combattere l’insulino-resistenza
Come possiamo stabilizzare questi valori?
«Il rimedio più utile ed economico, a prescindere dai farmaci, è intervenire sullo stile di vita del paziente. La maggior parte delle persone che soffrono di questa patologia sono sedentarie, persone che non hanno molta dimestichezza con il movimento. Quindi bisogna invitarle a modificare il loro stile di vita e far capire loro che il farmaco più efficace per l’insulino-resistenza è l’esercizio fisico regolare, anche di bassa intensità, come marciare, ma da fare tutti i giorni. L’esercizio fisico sfrutta la capacità che ha il muscolo di sostituirsi all’insulina, in quanto la contrazione muscolare produce delle molecole chiamate miochine molte delle quali svolgono una funzione simile all’insulina, in quanto favoriscono l’entrata di glucosio nelle cellule; quindi hanno un’azione vicaria perché, alla fine, quello che non fa l’insulina lo riesce a fare l’attività fisica che, tra l’altro, è molto più efficace del farmaco. Consiglio di fare movimento, non tanto per migliorare la prestazione sportiva ma per allenare il metabolismo a fare quello che l’insulina non è in grado di fare».
Non sempre si riesce a essere costanti nell’attività fisica, in questo caso cosa possiamo fare?
«Chi proprio non riesce a fare attività fisica regolarmente deve ricorrere alla dieta assumendo degli alimenti che non alzino l’insulina, quindi con un basso indice insulinemico, lavorando sul carico glicemico e riducendo la quota di carboidrati raffinati, preparati con farine 00, come la pizza e il pane bianco, e di amido, come il riso e le patate. Bisogna sostituire gli alimenti a base di farina bianca con quelli integrali. La farina bianca funziona come lo zucchero. La pizza, ad esempio, è uno degli alimenti più ingrassanti che ci sia visto che è un mix di grasso, di olio e di farina bianca. L’associazione zuccheri-grassi è la miscela più ingrassante che ci sia, non per niente è quella che troviamo in tutti i prodotti di pasticceria».
Qualsiasi tipo di esercizio fisico va bene?
«È importante praticare un tipo di esercizio fisico utile a migliorare questa condizione; consiglio quello combinato: aerobico e di forza. L’esercizio di forza stimola l’aumento della massa muscolare, incrementando così anche la capacità di immagazzinare glucosio. In questo modo lo zucchero sparisce dal sangue e così si interrompe lo stimolo per la produzione eccessiva di insulina e si risolve il problema».
La dieta per combattere l’insulino-resistenza
Quali sono gli accorgimenti che è bene tenere a mente?
«Oltre all’attività fisica regolare e seguire una dieta ricca di alimenti con un basso indice insulinemico, è bene mangiare molte verdure. Un accorgimento è quello di iniziare il pasto con una porzione di verdure o ortaggi, in quanto l’assunzione di fibre, prima del pasto, rallenta l’assorbimento dei carboidrati. Quindi mangiando verdura come “antipasto” a pranzo e a cena riusciamo a rallentare l’assorbimento degli zuccheri così da evitare il picco insulinemico. Bisogna prestare molta attenzione alla frutta. Mangiarla a fine pasto è da evitare, soprattutto se parliamo della frutta estiva come i fichi, l’ananas, il mango, l’uva, il cocomero. La frutta a fine pasto, soprattutto quella molto zuccherina, rischia di innalzare molto l’insulina e così rischiamo di ritrovare il nostro pasto trasformato prevalentemente in grasso di deposito. Meglio perciò mangiare la frutta zuccherina lontano dai pasti. Se proprio non si riesce a rinunciare alla frutta a fine pasto, è bene mangiare una mela, una pera, l’arancia, i frutti di bosco, questi sono frutti che hanno un basso indice glicemico e non fanno danni. In ultimo ci si può aiutare con alcuni farmaci che però sono risultati molto meno efficaci rispetto alla scelta di una vita un po’ più attiva e più corretta da un punto di vista alimentare».
Abbiamo letto che a Valentina Ferragni era stata diagnosticata l’insulino-resistenza ma dopo un anno l’influencer ha dichiarato che le era stata fatta una diagnosi sbagliata. È possibile invece che sia riuscita semplicemente a sistemare i valori?
«Parlare di questo caso non mi è possibile in quanto non ho la sua cartella clinica ma quello che posso dire è che l’insulino-resistenza è una condizione reversibile; basta perdere qualche centimetro di circonferenza vita e l’insulina si può ridurre fino anche a normalizzarsi. Non dimentichiamo che l’insulino-resistenza è spesso geneticamente determinata, tanto che rappresenta la causa principale del diabete di tipo 2, e può ripresentarsi con il recupero del peso perduto e con il riformarsi del grasso addominale».