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Chirurgia del tumore al seno: la rivoluzione conservativa e le nuove frontiere tecnologiche

Lucio Fortunato - chirurgia tumore al seno

Nell’ultimo secolo la chirurgia per il tumore al seno ha visto una enorme evoluzione. Basta considerare che, poco più di un secolo, fa l’intervento standard era quello della mastectomia radicale di Halsted che consisteva nell’asportazione della mammella, del grande e piccolo muscolo pettorale e di tutti i linfonodi ascellari. Una vera e propria devastazione non solo del fisico ma anche della psiche della donna. Successivamente, negli anni ’30, è stata introdotta la mastectomia radicale modificata e poi le mastectomie semplici con radioterapia. Ma anche negli anni ’50 ci sono stati tentativi chirurgici ultra radicali: J.A. Urban, a New York, ottenne un certo seguito sviluppando un trattamento di mastectomia che prevedeva addirittura di aprire il torace per rimuovere i linfonodi della catena mammaria interna.

«Nella mia vita ho vissuto esattamente il contrario. Nel 1981 ero un giovane studente di medicina, quando Umberto Veronesi prima e Bernard Fischer poi, presentarono i dati di due trials che rivoluzionarono il trattamento del tumore al seno. Per la prima volta fu dimostrato che un approccio conservativo, come la quadrantectomia, dava gli stessi risultati della mastectomia. Dieci anni dopo un grande passo avanti con la biopsia del linfonodo sentinella e quindi la conservazione non solo della mammella ma anche dei linfonodi ascellari. Devo sottolineare che la comunità scientifica, soprattutto quelle europea, ha impiegato alcuni anni ad accettare la validità degli studi sul linfonodo sentinella pubblicati da Armando Giuliano» dice il Prof. Lucio Fortunato, chirurgo senologo del Paideia International Hospital.

«Oggi, di routine si asporta ed esamina il primo linfonodo, la ‘sentinella’ e se è negativo non occorre procedere allo svuotamento ascellare. Quasi contemporaneamente, intorno al 2005, si sono sviluppate le mastectomie conservative con il risparmio della cute, dell’areola e del capezzolo. Poco dopo si è capito che non tutti casi di linfonodo sentinella positivo dovevano andare incontro a uno svuotamento ascellare. Se sono soltanto uno o due i linfonodi malati e la paziente fa anche terapia sistemica post operatoria e radioterapia alla mammella, la conservazione non comporta un aumento delle recidive o una diminuzione della sopravvivenza. Infine lo scorso anno, un italiano, Oreste Gentilini ha pubblicato su una prestigiosa rivista internazionale i risultati dello studio multicentrico SOUND: in presenza di tumori sotto i 2 cm, clinicamente negativi anche all’esame ultrasonografico preoperatorio, l’omissione tout court della biopsia del linfonodo sentinella non è associata a percentuali più alte di recidive o, ancora una volta, a una minore sopravvivenza» spiega Fortunato.

L’evoluzione, quindi, dei trattamenti chirurgici per il tumore al seno è stata enorme e i chirurghi sono stati veri e propri artefici di un cambiamento di mentalità per una de-escalation dei trattamenti, senza compromettere la radicalità chirurgica e quindi la cura. Migliorando la qualità della vita e diminuendo le complicanze e, a volte, anche le morbilità associate a trattamenti a volte molto radicali.

Impossibile non parlare dell’uso della tecnologia, sempre più avanzata e sofisticata che sta dando una grande spinta per migliorare le cure e sconfiggere definitivamente il tumore della mammella. «Basti pensare a tutto l’aspetto diagnostico che ora abbiamo a disposizione: tecnologie davvero molto sofisticate, a cominciare dalla mammografia e la risonanza magnetica con mezzo di contrasto, la mammografia digitale in tomosintesi, che ci permettono di fare delle diagnosi estremamente dettagliate anche ad uno stadio veramente iniziale. Poi guardiamo l’aspetto dell’anatomia patologica: la comprensione della tipologia del comportamento tumorale che oggi passa attraverso la diagnosi delle caratteristiche molecolari dei tumori. Una comprensione essenziale perché ci permette di ‘adattare’ i trattamenti all’andamento del tumore. E poi i nuovi farmaci e lo sviluppo di terapie sempre più specifiche e mirate. La medicina di precisione ha cambiato l’approccio alle cure identificando trattamenti ‘su misura’. E infine le nuove frontiere della genomica. L’identificazione dei geni del tumore per aprire nuove chiavi di accesso terapeutico» aggiunge Fortunato.

«Un’ultima considerazione personale. Più che lo sviluppo della tecnologia penso sia importante considerare ciò che è intorno alla tecnologia: noi medici. Lo sviluppo è stato ‘nostro’: nelle attitudini, nei comportamenti, nell’approccio multidisciplinare nella lotta contro il tumore. È questa, a mio avviso, la tecnologia vincente per continuare a creare delle task forces, le breast unit, centri multidisciplinari di senologia per la prevenzione e cura del tumore al seno» conclude Fortunato.

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