Circa il 30% delle donne con un tumore al seno viene sottoposta a mastectomia, cioè all’asportazione completa della ghiandola mammaria. L’intervento può riguardare un solo seno o entrambi. In ogni caso si tratta di un intervento che ha un enorme impatto psicologico sulla donna e, per questo, nella maggior parte dei casi dovrebbe essere abbinato ad una ricostruzione mammaria. Perché dopo una mastectomia se non c’è subito la ricostruzione la donna vive comunque il senso della sconfitta nonostante abbia vinto la malattia. E si tratta di una ferita molto più profonda di quella lasciata dal bisturi. Di mastectomia e, in particolare di un innovativo intervento di mastectomia ricostruttiva, ne parliamo con il prof. Lucio Fortunato, chirurgo senologo del Paideia International Hospital.
Che cosa è la mastectomia conservativa?
L’intervento di mastectomia prevede l’asportazione della ghiandola mammaria e della parte esterna del seno, tuttavia negli ultimi 15-20 anni sono state messe a punto delle tecniche conservative che permettono di salvaguardare cute e capezzolo in modo da procedere con una ricostruzione migliore. In questi casi si parla di mastectomia conservativa.
In Paideia International Hospital c’è la possibilità di eseguire un intervento di mastectomia conservativa innovativa. In cosa consiste?
Nella gran parte delle donne che vengono sottoposte all’intervento di mastectomia è possibile, come detto, conservare l’areola e il capezzolo. Ma, soprattutto nelle donne con seni molto larghi, molto importanti, è necessario fare un intervento di preparazione della vascolarizzazione del complesso areola/capezzolo per renderlo ‘autonomo’ e questo perché il capezzolo è irrorato, alimentato proprio dalla ghiandola mammaria che si andrà ad asportare. Questo tipo di preparazione ci consente di estendere la mastectomia ad un numero maggiore di donne con risultati davvero molto soddisfacenti.
Quali sono i vantaggi di questo tipo di intervento?
Sono tanti e molto importanti. Perché conservando tutto l’involucro della mammella e non asportando la zona del capezzolo si ha lo spazio necessario per inserire la protesi e, quindi, sottoporre la donna ad una ricostruzione immediata del seno nella stessa seduta chirurgica della mastectomia. Un solo intervento, dunque, con l’inserimento di una protesi definitiva – che peraltro oggi nella gran parte dei casi posizioniamo sopra il muscolo – e la possibilità di non dover subire il trauma di vedere il corpo così profondamente menomato.
Nei casi in cui una donna scopre un tumore ad un seno per il quale è richiesta la mastectomia è indicata anche la rimozione dell’altro seno in via preventiva?
No, la mastectomia bilaterale preventiva non è necessaria; eppure, è molto richiesta dalle donne quando ricevono una diagnosi di tumore al seno. Tuttavia, è bene ricordare che già 40 anni fa Umberto Veronesi dimostrò che la guarigione dal tumore al seno non era legata all’estensione dell’intervento chirurgico. Quindi, anche in presenza di una mastectomia monolaterale non c’è un’indicazione ad asportare anche l’altra mammella perché questo non solo non aumenta la possibilità di guarigione ma comporta una serie di complicanze importanti.
Diverso è il discorso delle donne che scoprono di avere una predisposizione genetica per il tumore al seno, come nel caso di Angelina Jolie, per le quali la mastectomia preventiva può essere un’opzione. Ma anche in questi casi- a dire il vero una piccola percentuale di donne – si tratta di una valutazione da fare caso per caso.
Scopri di più sulla mastectomia mammaria con il Prof. Lucio Fortunato.